Château Max
Dal diavolo Berlusconi all’incubo Daktulosphaira vitifoliae, la fatale filossera della vite: per Massimo D’Alema la lotta continua.
SMOKING PD. In smoking e papillon, a questo punto, nell’ennesima metempsicosi dalemiana, e quindi anche della sinistra essendone lui un monumento, più o meno. L’uomo che arringava il popolo rosso dai pulpiti di tribune politiche e feste dell’Unità, impaginato in giacche di colori indefinibili – fango, risaia, azzurro Guardia di Finanza, in un tripudio di quadretti simil tweed – e pantaloni a zampa di rayon marron da Quarto stato, ha preso il volo, voilà, ma da tempo si sa.
OSCAR FRATTOCCHIE. Al suo posto all’Oscar del vino, evento imprenditorial-mondano del ramo, si aggirava un D’Alema Gran Cru a suo agio tra la crema dei vignerons, rilasciando interviste perfino garbate, un solo «diciamo», caro vecchio intercalare del periodo post Frattocchie, in un trionfo di bianco e nero, shantung di lana cucito a mano e cravattino, temono gli analisti del settore, pre-confezionato. Il rosso ora è solo il colore del suo Cabernet.
DA MARCEL A MASSIMO. La tenuta si chiama La Madeleine, quindici preziosi ettari non a Combray (simbolo proustiano del mondo perduto della “Ricerca”, ah che nostalgia del Bottegone!), ma a Narni, dove nel dialetto locale il vino, sancisce il Dizionario ternano-italiano, prende il simpatico nome di «bbumbù» o «sciagrè», e certo non si sa come lo pronuncerebbe il barone di Charlus. Però l’ex premier ha iscritto la sua proprietà nel Wine Reasearch Team e, anche se si tratta solo della ricerca del vino naturale e perduto, è pur sempre una Recherche, che Proust lo perdoni.
PROTOCOLLO LIGAS. Così dopo tanto penare è consolante scoprire che abbiamo anche noi l’aristocrazia rossa, che come quella nera al tempo del papato non riconosce il nuovo sovrano e nel frattempo si dedica a coltivare memorie e terre, fino a nuova nomina, naturalmente. In linea con D’Alema anche il suo storico portavoce, Claudio Ligas, ora trasformato in tecnico della Protocol Academy, l’Accademia del Cerimoniale, società di consulenza fondata da santoni del galateo di Stato e di Colle.
POPOLO CERIMONIOSO. Nella lettera in cui appare come “Responsabile della Comunicazione”, l’ex collaboratore anche di Giancarlo Pajetta, Piero Fassino, Luciano Violante, scrive: «In un’epoca poco attenta ai codici di comportamento, allo stile e alla buone maniere c’è chi vuole andare controcorrente. Il cerimoniale è tutt’altro che arido, affettato o anacronistico: rimedio insuperato per lubrificare gli attriti nelle relazioni e ancora oggi forziere inestimabile …». Avanti popolo, alla riscossa. Ma questa volta del galateo.
CHEZ ROTHSCHILD. La svolta di Ligas potrebbe tornare assai utile a D’Alema, per esempio in qualche riunioncina en famille con colleghi come il barone Rothschild, produttore di Château Lafite. Anche il consulente enologo dell’ex premier, ora presidente della Fondazione del Partito socialista europeo, Riccardo Cotarella è un pezzo da novanta, nominato da poco responsabile del settore vini dell’Expo, tra uno Château D’Alema e un Bruno Vespa Gran riserva (anche il conduttore vinifica).
La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva Mao Tse-tung. La rivoluzione non c’è più.
È rimasto solo il pranzo di gala del conte Max.
Di Denise Pardo
Fonte: L’Espresso, 27 giugno 2014
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